Anno di pubblicazione: 1953
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Allora e in altre circostanze della mia vita ho potuto constatare che la verità dei sentimenti è così potente che se gli uomini avessero il coraggio di viverli nella loro integrale purezza l’odio scomparirebbe per incanto e l’amore diverrebbe la guida di tutte le loro azioni.
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Presi in mano questo libro per caso, nella libreria di una piccolissima isola italiana: Ventotene.
Mi trovavo a Ventotene nell’estate del 2015. Solo una volta messo piede sull’isola, sono venuta a conoscenza dell’esistenza di un’altra piccola isola a poca distanza; si tratta di Santo Stefano, un’isola-carcere.
La prigione su Santo Stefano ha la classica struttura del panopticon, idealizzato e progettato da Jeremy Bentham verso la fine del ‘700. Santo Stefano è stato uno dei primi penitenziari al mondo ad essere costruito secondo i principi del panopticon.
Ma da cosa si compone?
La struttura del carcere è formata da un corpo centrale con base circolare, sede delle guardie, e un corpo circolare costruito attorno a quello centrale, dove erano ubicate le celle. Scopo del panopticon era (ed è visto che architetture simili sono tutt’ora utilizzate) quello di poter controllare il maggior numero di detenuti con il minor numero di guardie.
In effetti, con questa struttura, poche guardie posizionate nel corpo centrale potevano, con poco sforzo e poco movimento, semplicemente girando su se stesse, avere a portata di occhio tutte le celle costruite attorno.
Ma torniamo a noi.
Stavo dicendo, mi trovavo a Ventotene per un giro che avevo programmato di circa mezza giornata. Cosa da sapere è che Ventotene è lunga qualcosa come 3 km e io non mi trovo particolarmente a mio agio sulle isole. Sta di fatto che la mia gita – ansiogena – sull’isola si prolungò a dismisura a causa del mal tempo che impediva al battello di attraccare e portarmi sulla tanto agognata terra ferma.
Per ammazzare il tempo, dopo aver percorso in lungo e in largo questa “immensa” isola, mi avventuro nell’unica libreria presente e prendo tra le mani questo libro che ho divorato nel giro di una mezza giornata.
E’ il racconto di Giuseppe Mariani, ex terrorista anarchico che frequentava gli ambienti anarco-individualisti lombardi e che, il 23 marzo 1921 si rese partecipe di un attentato dinamitardo al Kursaal Diana a Milano che causò 21 morti e 80 feriti.
L’azione contro il “Diana”, suscitò orrore e disapprovazione negli ambienti anarchici. Lo stesso Enrico Malatesta, all’epoca rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano sulle pagine di Umanità Nova scriveva:
«…Qualunque sia la barbarie degli altri, spetta a noi anarchici, a noi tutti uomini di progresso, il mantenere la lotta nei limiti dell’umanità, vale a dire non fare mai, in materia di violenza, più di quello che è strettamente necessario per difendere la nostra libertà e per assicurare la vittoria della causa nostra, che è la causa del bene di tutti…»
Mariani a seguito dell’attentato venne arrestato e condannato all’ergastolo. Lo stesso sulla strage dichiarò:
«… si è accreditata la “solita” storia dello anarchico che, spalancata la porta di un teatro, dissemina la morte ed il terrore, coscientemente e volontariamente. Quella sera il carico di esplosivo fu depositato al di fuori del teatro, con l’intenzione di colpire non il teatro quanto il soprastante albergo – che, secondo informazioni allora in possesso degli attentatori, serviva regolarmente da luogo di incontro tra Benito Mussolini ed il questore di Milano Gasti, entrambi acerrimi nemici degli anarchici e da questi ultimi odiati, in particolare, si credeva che proprio quella sera Gasti si dovesse trovare in quell’albergo.»
Mariani dedica gran parte di questo libro agli anni di reclusione a Santo Stefano.
Nello scritto ammette l’errore compiuto, seppur in buona fede, arrivando inoltre a denunciare l’uso della violenza.
Lela .
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L’autore
Giuseppe Mariani, Castellucchio 1898 – Sestri Levante 1974.
Introdotto negli ambienti libertari del paese dagli stessi fratelli, nel 1913 segue la famiglia a Mantova, dove trova lavoro come sarto e successivamente come ferroviere.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, viene chiamato alle armi nella primavera del 1917 ma dopo essersi ammalato di malaria ed aver trascorso due mesi di convalescenza decide di disertare. Processato, viene assolto per “infermità mentale” dopo aver simulato uno stato di follia.
Nei primi mesi del 1919 si reca a Milano, città in cui trova lavora e in cui frequenta gli ambienti anarco-individualisti; lì partecipa alle prime manifestazioni antifasciste e a quelle del biennio rosso.
Dopo l’attentato al teatro Diana viene arrestato nel mese di aprile a Mantova e condannato all’ergastolo. Detenuto al carcere di San Vittore, viene trasferito nel giugno 1922 al penitenziario di Santo Stefano, dove per 10 anni rimarrà in isolamento. Ritornato allo stato di detenzione ordinaria, lavora in carcere come sarto e insegna francese e italiano agli altri detenuti. Il 15 novembre 1943 è tra i leader di una sanguinosa rivolta dei detenuti del carcere di San Stefano.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, Mariani viene amnistiato e rilasciato il 1° luglio 1946. Aderisce alla neonata Federazione Anarchica Italiana (FAI).
Nel 1953 pubblica la sua autobiografia: Memorie di un ex-terrorista; testo nel quale ammette l’errore compiuto, seppur compiuto in buona fede, rispetto all’uso della violenza, che denuncia come inutile e contro producente.
Giuseppe Mariani, in https://www.anarcopedia.org/index.php/Giuseppe_Mariani (consultata il 28.11.2023, ore 15.27)
Curiosità
Tra i detenuti noti ci furono lo scrittore Luigi Settembrini, il brigante Carmine Crocco, gli anarchici Gaetano Bresci, il futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini e i banditi Sante Pollastri, Ezio Barbieri e Benito Lucidi.
Per saperne di più sul carcere di Santo Stefano:
https://www.associazionesantostefanoventotene.it/
https://www.escapefromsantostefano.com/
La mia edizione
Memorie di un ex-terrorista. Dall’attentato al “Diana” all’ergastolo di Santo Stefano di Giuseppe Mariani.
Ultima spiaggia, 2009, p. 158
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