Marta Breen e Jenny Jordahl hanno scritto e disegnato uno dei fumetti sulla storia del femminismo (o meglio, dei femminismi) più riusciti e spassosi degli ultimi tempi. Con un tratto accattivante e super efficacie e uno stile narrativo preciso e pungente, ci offrono un excursus storico dall'Ottocento ai giorni nostri su come se la passavano le donne europee, e su quello che hanno fatto per rivendicare i propri diritti all'esistenza civile, politica e sociale.
Siamo nell'Ottocento.
Le donne sembrano vivere su un pianeta a parte.
Non possono frequentare la scuola ne farsi un'istruzione al pari degli uomini. Non possono lavorare ne mantenersi in autonomia. Non possono votare e prendere decisioni politiche. Giuridicamente la donna è equiparata a bambinǝ e schiavǝ, risultando pertanto incapace.
Finché è nubile è il padre a decidere di lei e per lei, poi con un lesto passaggio di mano, una volta sposata, questo potere passa nelle mani del marito.
Questa è la situazione che - più o meno - si presenta in Europa.
Serviranno due donne statunitensi per cominciare a far scricchiolare questa impalcatura di cazzate.
Parliamo di Elizabeth Cady Staton e Lucretia Mott, giunte insieme alla delegazione americana per partecipare al grande congresso contro la schiavitù, che si tenne in Inghilterra nel 1840.
Nonostante l'idea progressista che animava lo spirito di questo incontro, alle donne non fu permesso partecipare e dovettero accontentarsi di seguire gli sviluppi dietro a una grande tenda.
Fu a seguito di questa imposizione che Stanton e Mott decisero di redare la Dichiarazione di uguaglianza, ispirandosi alla Dichiarazione di indipendenza del 1776.
Tornate in patria la presentarono al congresso di abolizionisti a New York dove venne firmata da un centinaio di persone. Questo evento può considerarsi come il primo congresso femminista della storia.
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La lotta femminista sovente ha proceduto fianco a fianco alla lotta contro la schiavitù.
Questa pagina nera e vergognosa della storia dell'essere umano che vide tra il '700 e l'800 un numero esorbitante di persone ridotte in schiavitù a causa del colore della loro pelle.
Tra le mille vite e più di persone che hanno combattuto opponendosi a questa pratica aberrante, Breen e Jordahl, testimoniano di Harriet Tubman che, nata schiava, dopo indicibili maltrattamenti (molto riduttivo), conquista la sua libertà scappando dalla piantagione. Eppure, nonostante la conquistata libertà decise di tornare indietro e aiutare quante più persone possibili a fuggire dalle piantagioni. Fu così capace nel compito che si era prefissata che misero un'enorme taglia sulla sua testa. Non venne mai trovata.
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Harriet Beecher pubblicò nel 1852 il romanzo La capanna dello zio Tom, in cui vengono narrate le condizioni di vita degli schiavi negli Stati Uniti d'America. Diventò un best seller.
Questo romanzo contribuì enormemente alla presa di coscienza della popolazione sulle condizioni di vita che migliaia di donne e di uomini erano costretti a subire.
Con l'elezione nel 1861 di Lincoln alla presidenza e la sua volontà di abolire la schiavitù, gli stati del sud protestarono, fecero muro, rivendicando la loro indipendenza (e il loro diritto a possedere altri essere umani per arricchirsi).
Questa spaccatura comportò l'inizio di una sanguinosa guerra civile. Dopo quattro lunghi anni, gli stati del nord prevalsero. Venne abolita la schiavitù e gli uomini neri ottenere il diritto di voto. Solo gli uomini neri - non sto usando il maschile universale.
Questo spinse Stanton (ancora lei) a fondare la prima associazione americana per il suffragio universale. Nell'impresa l'aiutarono Susan B. Anthony e Harriet Tubman.
Il movimento femminista, fin dagli albori, ha combattuto affinché alle donne venisse riconosciuto il diritto di istruirsi, essere indipendenti, votare ed essere padrone del loro corpo.
Fino a tardo Ottocento le donne erano escluse dalle istituzioni civili e pubbliche. Erano escluse dalle scuole e dai luoghi di lavoro. La donna - che fosse ricca o povera, "lavoratrice" o mantenuta - conosceva un solo luogo nella quale poteva muoversi: la casa. Il suo ruolo naturale? Quello dell'accudire.
Gli uomini di scienza affermavano che la donna era biologicamente inadatta al pensiero. Anche la religione sosteneva l'inferiorità morale e civile della donna. Quando, tuttavia, il pensiero illuminista cambio molte prospettive, la religione e la fede subirono un duro colpo, e per la prima volta, in maniera concreta, i filosofi incominciarono a mettere in discussione il sistema di valori e di ruolo che fino ad allora avevano retto la società. L'obiettivo comune sembrava essere quello di creare una società più giusta, che ascoltasse il popolo e gli riconoscesse giusti diritti. Solo alla parte di popolo maschile, però.
Rousseau all'epoca era uno dei filosofi più influenti. Le sue idee ispirarono gli ideali che animarono la rivoluzione francese del 1789. Aveva opinioni radicali, e credeva nell'importanza dell'istruzione per formare le giovani menti della società. Tuttavia, il suo orizzonte era miope, dato che era fermamente convinto che i bambini e le bambine dovessero essere educatǝ in maniera differente. Secondo Rousseau le donne dovevano spendere la loro vita cercando di rendersi utili per gli uomini, dovevano essere amabili e crescere la prole, curare gli adulti, consigliandoli, cullandoli, vezzeggiandoli e rendendo la loro vita dolce e piacevole. Ad appoggiare questo vecchio scureggione, ci penseranno altri imminentissimi filosofi e pensatori, tra i quali citiamo Kant ed Hegel. Se mai potevano avere dei dissapori filosofici o diversità di pensiero, su un punto erano d'accordo: l'inferiorità della donna.
Per fortuna, anche se poco considerate, c'erano anche delle intellettuali.
Mentre la Francia redige la sua costituzione, la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, e si proclama a favore della libertà, dell'uguaglianza e della fratellanza (mentre ghigliottina i dissidenti), la scrittrice femminista Olympe De Gouges decide di redarre una costituzione alternativa: la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. Mentre si indigna furiosa e dichiara che se la donna ha il diritto di salire sul patibolo, allora ha anche il diritto di salire sulla tribuna. Mai parole furono più fatali. Bollata come nemica della rivoluzione (la rivoluzione che ricordiamo voleva i francesi liberi, uguali e fratelli tra loro), verrà decapitata nel novembre del 1973.
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Ma la lotta non si arrestò. A portarla avanti c'era Mary Wollstonecraft. Scrittrice e filosofa, scrisse un importante libro sull'educazione delle ragazze, e poco dopo un'opera importantissima sulla rivendicazione dei diritti della donna. Visse una vita breve e intensa, e i suoi ideali furono portati avanti da migliaia di donne e di uomini che lessero la sua opera, ma ancora più appassionatamente da sua figlia: Mary Godwin Shelly, la mamma di Frankenstein.
Dalla fine dell'Ottocento, il movimento femminista si organizzò sempre meglio, arrivando a creare sempre più spiragli nella vita pubblica. Molti lavori che prima erano esclusivo appannaggio degli uomini si aprirono alle donne. Tuttavia le donne erano discriminate, vessate e sottopagate rispetto ai loro colleghi maschi.
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Il movimento per il suffragio femminile prese piede negli anni ottanta dell'Ottocento. Molti paesi videro la nascita di associazioni e organizzazioni che chiedevano il riconoscimento del diritto di voto alle donne. Si creò una rete internazionale, grazie all'impegno delle femministe di tanti e vari paesi.
Tra i molti movimenti nati, quello inglese era sicuramente il più attivo. Millicent Fawcett si impegno affinchè i politici del suo paese riconoscessero questo diritto alle donne. Nel 1897 fondò l'Unione nazione delle società per il suffragio femminile.
Tuttavia convincere i politici non era affatto facile. I principali partiti del paese si opposero alla causa, dal momento che i più pensavano che la politica non fosse cosa adatta alle donne.
Le donne pazientarono, per anni. Alla fine dissero: "adesso basta!"
Tra le più impazienti c'era Emmeline Pankhurst, che decise di adottare un atteggiamento più energico. Fondò un nuovo movimento, e le sue aderenti vennero identificate come suffragette. Anche le sue figlie aderirono al movimento. Tra il 1912 e il 1913 le suffragette piazzarono bombe e appiccarono incendi alle cassette postali, si incatenavano ai cancelli, spaccavano vetrine. Per gli uomini era sconvolgente l'idea che le donne, quei fiori delicati, i loro angeli del focolare, potessero comportarsi come dei briganti facinorosi. I luoghi pubblici riservati agli uomini vennero presi di mira. Tra i gesti più eclatanti di quegli anni ricordiamo il tentativo di far saltare in aria la casa di David lloyd George, futuro primo ministro, e l'atto di protesta di Emily Davison che si gettò coraggiosamente davanti al cavallo di re Giorgio V durante l'Epsom Derby del 1913. Emily morì per le ferite riportate.
Ma non tutte le femministe appoggiavano questa linea di condotta. Moltre di loro presero le distanze dalle azioni violente. Tra loro ci fu anche Millicent Fawcett. Le suffragette che continuarono a lottare vennero incarcerate centinaia di volte. Vennero picchiate, malmenate, alimentate forzatamente quando decidevano di praticare lo sciopero della fame. E poi scoppiò la guerra. La lotta si fermò, e molte donne decisero di dedicarsi alla difesa della loro patria.
Alla fine della prima guerra mondiale, l'opinione pubblica mutò. Nel 1918 le donne inglesi al di sopra dei 30 anni ottennero il diritto di voto, nel 1928 venne esteso a tutte le donne sopra ai 21 anni.
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Ma la lotta femminista non è solo inglese. Tahirih, conosciuta come la prima martire femminista era iraniana. Era una poetessa e si scontrò tutta la vita contro la segregazione delle donne. Era molto intelligente e curiosa e non accettò mai il ruolo limitato che la sua cultura le voleva imporre. Per i suoi ideali fu condannata a morte e strangolata con il suo stesso velo nel 1852.
Nel 1910 si tenne a Copenhagen il primo congresso femminile dell'internazionale socialista. Il congresso aveva lo scopo di estendere la lotta a tutte le donne, e non solo alle borghesi e alle benestanti.
E poi, oltre ad allargare il movimento a tutte le donne a prescindere dalla condizione sociale (tema ancora estremamente attuale e dibattuto), la lotta si estese anche al diritto dell'integrità del corpo. I contraccettivi non esistevano e i metodi per abortire erano estremamente pericolosi. Molte donne avevano gravidanze per gran parte della loro vita. Il tasso di mortalità durante il parto e gli aborti illegali era altissimo. Questa situazione spinse Margaret Sanger, infermiera americana a cercare una soluzione. Lavorando in un quartiere popolare di New York potè mettere a frutto molti metodi per evitare gravidanze indesiderate alle donne che si rivolgevano a lei. Era fermamente convinta che l'educazione sessuale fosse essenziale. Ma trattare di quei temi era tabù, e quando decise di pubblicare un pamphlet, molti lo ritennero immorale. Per evitare la prigione fu costretta a emigrare in Europa. Ma questo non la fermò. Fece tesoro di quella esperienza, e una volta che riuscì a tornare in patria aprì una clinica femminile, la prima. La clinica durò 10 giorni, e poi chiuse. Margaret e sua sorella vennero arrestate. Ma la comunità si schierò dalla loro parte e così potè continuare a operare e a diffondere il suo messaggio.
Ma questo non bastava a Margaret. Sapeva che serviva un contraccettivo più efficace. Così negli anni '50, con l'aiuto del ricercatore Gregory Pincus realizzarono la pillola, che venne approvata dalle autorità americane nel 1960. Quella piccola pillola rivoluzionò la vita di migliaia di persone.
Ma bisognerà aspettare ancora molti anni prima che si potessero fare delle conquiste per il diritto all'aborto, e ancora oggi, molti paesi e molti stati non hanno riconosciuto questo diritto alle loro cittadine.
La lotta che porta avanti il movimento femminista è una lotta che riguarda tuttǝ. Una società che non riconosce l'uguaglianza di tutte le persone, rispettandone la diversità e la particolarità è una società destinata a fallire. Una società dove le ingiustizie sono la regola è una società che presto o tardi imploderà su se stessa, lasciando solo macerie dietro di se. Se pensiamo che ancora oggi dobbiamo alzare la voce per far rispettare i nostri diritti, è ben triste. Ci sono paesi dove esistono liste di lavori vietati alle donne. Dove le donne vengono date in spose ancora bambine e dove esistono la circoncisione e le pratiche per amputarle dei propri organi genitali. Paesi in guerra dove le prime vittime sono le donne e le bambine, considerate bottino. Ci sono paesi dove le donne mestruate vengono considerate impure, e paesi dove si vedono tassati o negati i dispositivi essenziali per la loro igiene personale. Questo non succede solo nei paesi più "arretrati", se mai può avere senso un'espressione del genere. Anche i paesi più progressisti hanno ancora tante lacune da colmare. Il gap salariale o il peso delle faccende domestiche e di accudimento dei propri figli e delle proprie figlie. I ruoli, la prostituzione, le molestie, le violenze e tutti gli abusi che sono costrette a subire sui luoghi di lavoro, di istruzione e per le strade. I femminicidi.
Anche se stiamo facendo passi da gigante, continueremo a correre per allargare sempre più la nostra libertà, i nostri diritti e la nostra indipendenza. Perchè ancora non ci basta.
Buona festa internazionale della donna, e le mimose potete mettervele dove meglio preferite.
Nicole | Moony Reader
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