Ti è mai capitato di sentirti stran* perché quello che ti piace fare, a livello sociale, non va di pari passo con quello che percepisci intorno a te?
Ti senti bene e felice, anche quando sei sol*, e non ti deprimi nella solitudine, rotolandoti per terra, gridando contro il cielo?
Ami la tua condizioni di single, ma ti devi dimostrare afflitt* e disperat* durante le cene di famiglia?
Forse, e dico forse, sei un pò honjok anche tu!
Tutto quello che leggo - di solito - nasce da una certa curiosità per qualcosa. Qualcosa di appena scoperto, qualcosa che voglio approfondire, qualcosa che mi è capitato di leggere in altri libri. Dopo essermi affiorati alla mente pensieri e ragionamenti, solitamente il passo successivo è quello di cercare il libro - o i libri - che trattano l'argomento, e spulciarne quanti più possibile.
Stessa cosa è capitata in questo frangente - ovvero nel frangente (ormai datato, perchè è passato qualche anno) in cui ho messo le mani su questi due libri. Uscivo da un periodo particolarmente depresso, dopo una lunga convalescenza emotiva causata dalla rottura con il mio fidanzato di allora. Mi ritrovavo per la prima volta catapultata da sola - da sola, vorrei ripeterlo - nel mondo degli adulti. Vivevamo insieme, e la scelta, dopo la nostra rottura, era tra il tornare a casa dei miei o rimanere a vivere in solitaria e andare avanti, anche senza di lui (che poi non era proprio così diverso rispetto a quello che mi si prospettava). Ho deciso perentoriamente, anche se ero spaventata nera, che vivere da sola e continuare a farlo era l'unica scelta possibile. E da allora non ho fatto altro che scoprire tante cose nuove.
Innanzitutto rendermi conto che fino a quel momento avevo vissuto in una dimensione esclusivamente di coppia. Si facevano cose in coppia con coppie. Io non ero più io, ma un entità bicefala che condivideva un sacco di tempo, di amicizie e di altre varie cose con un altro, e intorno a me, molt* altr* nella stessa dimensione. Quindi, provando a sintetizzare: eravamo entità bicefale che avevano a che fare con altre entità bicefale, che facevano cose soprattutto per entità bicefale.
I primi anni sono stati tosti, particolarmente duri. Poi qualcosa è scattato in me e mi sono resa conto che quella che prima consideravo come una condizione imposta, di sfigata e perdente donna trentenne, si stava trasformando nella più grande benedizione che mi potesse capitare nella vita.
Ho incominciato a ridisegnare gli spazi intorno a me, arredando casa mia - tutta mia - secondo il mio gusto e le mie attitudini.
Finalmente avevo un posto che potevo abbellire, cambiare e progettare secondo i miei desideri, i miei umori e le mie necessità . Ma non solo. Stavo creando la mia posizione lavorativa, fatta di progetti e impegni sempre più stimolanti e ambiziosi, stavo ridefinendo i confini delle mie amicizie e delle mie conoscenze, imparando a scremare tutto ciò che mi faceva bene da ciò che mi tirava giù. Fino a rendermi conto che questa situazione a me piaceva un sacco. E alle millesime domande di amici e conoscenti e parenti che mi chiedevano se avessi conosciuto finalmente qualcun*, io rispondevo che no, non era ancora capitato sulla mia strada il famigerato uomo giusto, altre volte rispondevo, che manco lo stavo cercando questo tizio (di solito le risposte a queste risposte sono del tipo: vedrai, capiterà anche a te, oppure, l'amore arriva quando meno te lo aspetti).
Tuttavia, il mio obiettivo non era quello (e probabilmente non lo è neanche ora).
Ho fatto fatica a farmi comprendere da persone che vivono costantemente proiettate in una dimensione di coppia, e mal sopportano condizioni diverse dalla loro. Così ho deciso di documentarmi. Ho preso il mio computer, e mi sono avventurata nell'internet digitando la fatidica frase: "sono strana se non voglio relazioni?".
Potrei scrivere un articolo solo sulle risposte che sono comparse una volta premuto invio. Ma tralasciamo. A parte i soliti articoli di pietismo sulla condizione dei single, e altri molto interessanti (che posterò in fondo) sulle condizioni di discriminazione e biasimo sociale che devono vivere le persone che decidono di non accoppiarsi in una società che ci vuole solo patria, famiglia e qualcos'altro, ho fatto il primo incontro con un termine che non conoscevo, ma che mi attirava da matti, essendo io in quel periodo totalmente immersa nella K-wave: Honjok.
"La solitudine è una bella cosa; ma occorre qualcuno che vi dica che è una bella cosa."
Honoré de Balzac
La parola honjok è coreana, ed è formata da due parole, hon, che significa solo e jok, che significa tribù. Tecnicamente potrebbe essere interpretato e tradotto come tribù di una sola persona (e non di una persona sola, che secondo me ne cambia completamente il significato). Questo termine, prima in Corea del Sud, ma ora anche in altre parti del mondo, viene utilizzato per riferirsi a tutte quelle persone che scelgono volontariamente di vivere da sole, che decidono di svolgere delle attività in solitaria, senza per questo farsi fermare dai pregiudizi o dalle limitazioni culturali della società in cui vivono. Importante ribadire un concetto: questa scelta è volontaria. Ma potrebbe essere imposta da uno spettro più o meno ampio di situazioni sociali, personali e culturali. Le persone honjok sanno che questa condizione le renderà più felici, e nonostante questa scelta sono in grado di avere anche (se lo vogliono) un'ampia rete sociale, amicale e famigliare di sostegno e supporto intorno a loro.
Gli unici due libri che ho trovato sull'argomento li ho acquistati e letti tempo fa, e ora mi è capitato di rileggerli, a distanza di qualche anno, dopo aver messo da parte tutta una serie di paranoie, per vedere se mi trasmettevano ancora le stesse sensazioni. Spoilero: si, le sensazioni sono le stesse, con un pizzico di consapevolezza in più.
Francie Healey
Honjok. L’arte di vivere da soli
Giunti
160 pagine
Il primo libro è Honjok. L'arte di vivere da soli di Francie Healey con un'introduzione di Crystal Tai e pubblicato da Giunti. E' un libricino di modeste dimensioni, solo 160 pagine, ma pieno di informazioni e illustrazioni. Nonostante il sottotitolo intrigante, penso che questo libro sia a tratti troppo zuccheroso e indulgente verso il femoneno che vuole trattare. Una sorta di piena assoluzione. Credo invece che la maggior parte delle persone che si approcino a certe domande e certe esigenze, tipo: ma sono strana se voglio vivere da sola con millanta gatti per tutta la vita, lo facciano più con la speranza di trovare qualcun'altro come loro che già lo fa e ci vive bene, più che una sorta di continua pacca sulla testa che in fondo ci giustifica se siamo un pò stran*.
Healey è una consulente specializzata in tematiche di autostima e benessere, scrive articoli a tema, ed è life coach. Ecco spiegato l'approccio di questo libro al fenomeno. Tuttavia è illuminante.
Per prima cosa spiega chi sono le persone honjok, e quali sono state le cause sociali, economiche e personali che hanno portato una grandissima quantità di persone a definirsi e vivere honjok. Come nella Corea del Sud, ad un certo punto la generazione degli anni 2000 si sia trovata completamente stritolata da un sistema sociale e gerarchico asfisiante e che per questo abbia trovato il modo di escogitare tutta una sierie di vie di fuga. Parla del ruolo importantissimo che ha avuto il femminismo e il movimento #NoMarriage che cerca di cambiare una cultura sessista e maschilista, che vede la donna più adatta a fare da madre e angelo del focolare, mentre le donne sudcoreane rivendicavano a gran voce il diritto di essere libere, single, autonome e indipendenti.
Traccia la differenza - molto importante e bella, secondo me - della differenza tra sentirsi soli e stare da soli, che molte persone ancora confondono e ignorano. Quant* si ritrovano in rapporti ormai falliti o insoddisfacenti perchè la prospettiva del cambiamento li turba e spaventa? Quant* altr* invece pensano di non valere abbastanza per provare a mettersi in gioco, e passano la loro vita come dipendenti emotivi di chicchessia? Il punto non è la possibilità di un rapporto poco sano - non mi metto neanche a scomodare parole come tossico -, ma perchè ci sono miliaia di rapporti sani e rispettosi la fuori, ma che ormai non funzionano più e le persone non sono mai state educate ad avere altro, semplicemente. Siamo cresciut* immers* nel mito che viviamo la nostra vita in fasi transitorie, per arrivare al grande giorno in cui ci sistemeremo, finalmente per sempre, con qualcun*.
E tutte le altre persone che questa prospettiva non la vogliono?
Che fine fanno?
Insomma, il libro va avanti regalando scorci di riflessione su come si percepisce questa necessità , di come affrontare i momenti di tristezza e di inquietudine che possono naturalmente sorgere, puntando l'attenzione alla riflessione e al dialogo con sé stessi. Dimenticando - o dando per scontato - che le persone che hanno questa esigenza siano tutte estremamente introspettive.
Silvia Lazzaris
Honjok. Il metodo coreano
per vivere felici con sé stessi
Vivida
144 pagine
E qui passiamo al secondo dei libri di cui vi vorrei parlare in questo articolo: Honjok. Il metodo coreano per vivere felici con sé stessi di Silvia Lazzaris con Jade Jeongso An, edito da Vivida.
Si capisce già dal sottotitolo che questo libro è un pò più ruffiano, un pò più pratico e adatto alle persone che oltre alle nozioni di teoria vogliono anche un pò di sana pratica. E infatti il testo, in maniera divertente e coloratissima ci immerge nel fenomeno partendo dalle basi. Quali sono le origini del movimento honjok, quali sono stati i contributi più importanti che hanno permesso la sua espansione, e poi incominciano tutta una serie di capitoli su cosa significa effettivamente e quotidianamente essere honjok, come ad esempio Le famiglie a una persona (apro una parentesi: da poco ci sono state le amministrative nel paese dove vivo, e i due schieramenti politici hanno innondato i cittadini e le cittadine votanti con una sfilza di volantini e brochure di quanto erano belli e bravi e di quanto scadenti e cattivi i loro avversari. Su questi volantini ho letto un sacco di volte le parole famiglia, coppie, ripetute fino alla nausea, ma mai - né a destra né a sinistra - ho letto di qualcuno che spendesse due parole sugli individui in quanto tali. Fine della parentesi), l'importanza della connessione e di come ci può condizionare il giudizio degli altri, fino ad arrivare a capitoli sul viaggiare, mangiare, bere o fare mille attività da sol*. Insomma, è una lettura interessante e divertente che ci mostra come alcune cose siano davvero a portata di mano, e che basti davvero poco per liberarsi di certi pregiudizi e restrizioni mentali (nota bene: la società sudcoreana è sicuramente più ingabbiante della nostra, ma non credo che nonostante noi non viviamo certe pressioni sociali di gerarchia e di rispetto, siamo così liber* da viverci in completa serenità alcune situazioni, soprattutto se sono legate a situazioni di indipendenza, autonomia e libertà ).
Rileggere questi due libri mi ha divertito molto, considerando che ora molte delle cose di cui parlano sono parte integrante della mia quotidianità . Mi ricordo, però, che allora, leggerle per la prima volta mi ha fatto tirare un certo sospiro di sollievo. Era bello trovare qualcuno che condivideva le cose che sentivo e che non me le faceva vivere come sbagliate e distorte.
Che tu sia felicemente bicefalo, single o in qualsiasi altra situazione sociale e sentimentale, penso che faccia bene a volte leggere qualcosa che ci regala un punto di vista completamente nuovo, e se prima di oggi non avevi mai sentito neanche nominare il fenomeno honjok, ti invito a leggere qualcosa a riguardo!
Alla prossima, micion*.
Nicole | Moony Reader
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