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Maniac | Benjamin Labatut

 Labatut è cileno, nel bene e nel male, come lui stesso afferma, anche se è nato a Rotterdam in un momento non meglio precisato del 1980. La sua vita si divide tra il Cile e l'Olanda.



Si impone al pubblico con Quando abbiamo smesso di capire il mondo nel 2020, edito da Adelphi. Un libro strano perché sta nel solco della narrativa, ma è anche un testo divulgativo.

E' una narrazione scientifica che si realizza grazie a stratificazione di finzione. Quanta? Tutta quella che è necessaria per raccontarla.
E questo esperimento così ben riuscito (ma un poco acerbo, a mio sentire) si replica in Maniac, acquistando le note del crescendo drammatico. All'inizio pare leggero, ci sono i fatti della vita, che anche se drammatici sono abbastanza comprensibili e gestibili, cose che le persone affrontano giorno dopo giorno da millenni, ma alla fine, via via che la narrazione procede, si faranno terrificanti. Il libro verrà chiuso e rimarrà tra le mani con un misto di orrore e sconcerto (anche se ci saremo goduti quei brividi della genialità umana e l'orgoglio che ne può derivare).
Sinceramente penso che Benjamin Labatut sia uno degli scrittori più interessanti del nostro tempo, un tipo da tenere d'occhio.

Labatut costruisce le trame di un sogno. I personaggi sono reali, sono esistiti in un tempo certo e ben definito. Chiunque abbia avuto a che fare con un pò di scienza e di storia della scienza - forse per passione, forse per studio o professione - riconoscerà i nomi eccellentissimi che sfilano tra le pagine di questo libro. Un grande sogno-libro in tre atti.

Il primo atto che da avvio al sogno, ci condurrà alla scoperta dell'irrazionale. A dominare la scena c'è Paul Ehrenfest (18 gennaio 1880 - 25 settembre 1933). Ehrenfest fisico e matematico, pezzo grosso della meccanica statistica ad un certo punto perde l'equilibrio e il suo baricentro. La meccanica quantistica ha prodotto una mole così ingente di cambiamenti e di rivoluzione, che egli sente che la sua scienza, la scienza della quale era padrone e professore geniale, le sta sfuggendo via, incomprensibile. Inizia un lungo e lento cammino nella depressione, aggravato dagli eventi politici europei alla vigilia dell'avvento dei nazismo e del fascismo, che lo porteranno al gesto estremo dell'omicidio del figlio e del suo suicidio. La scoperta dell'irrazionale sta in queste poche pagine che aprono il libro e ci offrono uno spaccato di quello che avrebbe potuto sentire Ehrenfest, mentre comprendeva inesorabilmente di perdere la presa su tutto quello che fino a poco tempo prima gli era stato così famigliare.

"...cominciò a vedere ovunque disarmonia e turbolenza. Non riusciva più a individuare nell'universo alcun tipo di ordine razionale, alcuna legge naturale, alcuno schema ricorrente, solo un vasto smisurato mondo in espansione permeato da caos, infestato dall'insensatezza e privo di qualsiasi disegno intelligente".

E fino a qui, anche se drammatico, il sogno rimane comprensibile e alla nostra portata. Ci sono persone, di scienza certo, con paranoie e fissazioni, e anche depressioni, certo. Sono persone che partecipano ancora al consorzio sociale, che nonostante la brillantezza delle idee rimangono umane, sono ancora alla nostra portata.

Il secondo atto del sogno, invece no.
Fa un'accelerazione in avanti talmente repentina, che l'unico modo per stargli dietro è affannarsi.

Neumann Janos Lajos.
E chi è?
Meglio noto come Johnny von Neumann.
Mai sentito nominare.
Ben presto questa affermazione verrà a cadere. Ben presto ci renderemo conto che von Neumann (28 dicembre 1903 - 8 febbraio 1957) è colui alla quale dobbiamo praticamente tutto il mondo per come lo conosciamo noi oggi. Se non da lui direttamente, da persone che hanno lavorato e sudato alacremente su quello che lui ha teorizzato, detto o immaginato, neanche troppo tempo fa.
Senza troppa modestia viene considerato uno dei più grandi matematici che abbiano mai camminato sulla nostra terra.
L'espediente di Labatut per farci immergere in questo secondo atto è quello farci conoscere von Neumann attraverso le parole delle persone con la quale strinse i rapporti più stretti della sua vita. Da quelli professionali, alle relazioni famigliari e amorose.

Ce ne parla Eugene Wigner (17 novembre 1902 - 1 gennaio 1995), con la quale frequentò il ginnasio e che successivamente condivise con lui molti importanti traguardi scientifici e un'intima amicizia. Per quanto lo potesse considerare strano, fin da subito si accorse della straordinaria intelligenza del giovane von Neumann e della passione logica che lo rodeva da dentro.

Ce ne parlano i suoi famigliari, la madre, che amava teneramente e in modo struggente, e il fratello, alla quale era legatissimo. La prima moglie, Mariette Kovesi, con la quale ebbe la figlia Marina (diventata un'economista di successo e la prima donna manager della General Motors).
La prima moglie è la prima a rompere il velo di sacralità che accompagna il genio. Dipinge von Neuman come un inetto. Un uomo tanto geniale da non riuscire a compiere i più semplici gesti che costellano la banalità della vita quotidiana.

Tante sono le voci che accompagnano il racconto dalla prima infanzia, già caratterizzata da una genialità fuori da comune, quasi mostruosa, fino al raggiungimento della grandezza come scienziato e matematico e le prime inaudite pensate che lo porteranno a essere ricercato e vezzeggiato dalle forze armate statunitensi, quando lascerà la sua patria per trasferirsi nel nuovo continente a seguito della degenerazione nazista in Europa.
Verremo a parte anche dell'unico smacco (se si esclude quello della morte) che dovette subire ad opera di una grande mente, forse paragonabile alla sua. Ovvero quando venne contraddetto da Godel e dovette abbandonare il sogno alieno e mostruoso di racchiudere tutta la matematica esistente in poche e semplici teorizzazioni.

"...non potevo immaginare che il suo grandioso sogno matematico sarebbe stato spazzato via da un dottorando ventiquattrenne che viene oggi considerato il più grande logico di tutti i tempi."

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